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Immobile abusivo

* Cassazione, ordinanza 23 gennaio 2023, n. 1897, sez. I civile

La nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40 va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, sicché deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile proprio a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante circa gli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile oggetto dell'atto traslativo, il contratto è valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato. La dichiarazione richiesta dal D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 14, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010 - per gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi, aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali non di garanzia su unità immobiliari urbane – riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell'immobile, ma anche dei dati catastali, in quanto essi costituiscono gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali, sicché la sua omissione, stante la finalità pubblicistica di contrasto all'evasione fiscale perseguita dalla norma, determina la nullità assoluta dell'atto. La vendita di un immobile strutturalmente destinato ad uso abitativo, ma privo della licenza di abitabilità, non è nulla per illeceità dell'oggetto, non essendovi alcuna norma che preveda l'obbligo del preventivo rilascio del predetto certificato, ma è solo risolubile se il venditore abbia assunto, anche implicitamente, l'obbligo di curare il rilascio della licenza, a meno che, essendo dimostrato che l'immobile presenta tutte le caratteristiche necessarie per l'uso che gli è proprio e che la licenza possa essere agevolmente ottenuta, il giudice non ritenga di scarsa importanza l'inadempimento.

Agevolazione . art.19 L.74/87

Cassazione, ordinanza 7 settembre 2022, n. 26363, sez. VI – 5

Agevolazione art. 19 L. 74/1987 – contratti della crisi coniugale – quote sociali

Va riconosciuta l'applicabilità dell'esenzione di cui alla L. n. 74 del 1987, a tutti gli atti e a tutte convenzioni che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all'uno o all'altro coniuge. Detti accordi possono essere qualificati come contratti tipici, denominati "contratti della crisi coniugale", la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi. L'accordo patrimoniale concluso in sede di separazione può avere ad oggetto il trasferimento di beni immobili ma anche la cessione di quote sociali con l’applicazione del regime di favore di cui alla L. n. 74 del 1987, art. 19. La norma esentativa, infatti, non opera alcuna distinzione tra atti aventi ad oggetto beni immobili e atti riferiti a beni mobili, né, contiene una limitazione dell'ambito di operatività del regime di esenzione alle sole imposte indirette.

 

Agevolazioni prima casa: Cassazione

Cassazione, ordinanza 2 febbraio 2023, n. 3123, sez. V

Imposta di registro – IVA - Agevolazioni prima casa - Coniugi - Acquisto separato del diritto reale di godimento - Requisito della residenza familiare

In tema di imposta di registro (e IVA) e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, e non assume rilievo la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'art. 177 c.c. Tale principio non è applicabile nell’ipotesi di acquisto in regime di separazione del diritto di abitazione da parte di entrambi i coniugi ove uno solo di essi abbaia trasferito la residenza nel termine di diciotto mesi. Ciò in quanto l'acquisto del diritto assume una connotazione "egoistica" (o "individualistica") in capo a ciascuno dei coniugi, e i bisogni della famiglia non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale: a quest'ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il "protagonista" della fattispecie.

 

Agevolazioni prima casa e Comunione legale

Cassazione, sentenza 19 luglio 2022, n. 22557, sez. V

Agevolazioni per l'acquisto della prima casa - Coniugi in regime di comunione - Requisito della residenza familiare - Sussistenza - Acquisto separato o congiunto del bene stesso - Rilevanza - Esclusione.

In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso.

 

dall'Agenzia delle Entrate( https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/benefici-prima-casa ):

L'acquisto con i benefici "prima casa"
Le imposte da pagare sono ridotte quando l’acquisto viene effettuato in presenza dei requisiti “prima casa”.
In generale, queste agevolazioni si applicano quando:

il fabbricato che si acquista appartiene a determinate categorie catastale
il fabbricato si trova nel Comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o lavora
l’acquirente ha determinati requisiti.
Le imposte agevolate
Le imposte da versare quando si compra con i benefici “prima casa” sono:
se il venditore è un privato o un’impresa che vende in esenzione Iva

  • imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (anziché del 9%)
  • imposta ipotecaria fissa di 50 euro
  • imposta catastale fissa di 50 euro

se si acquista da un’impresa, con vendita soggetta a Iva

  • Iva ridotta al 4%
  • imposta di registro fissa di 200 euro
  • imposta ipotecaria fissa di 200 euro
  • imposta catastale fissa di 200 euro

Caparra Confirmatoria

CONTRATTO PRELIMINARE - Cassazione, ordinanza 29 novembre 2022, n. 35068, sez. II civile

La funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria - che si perfeziona con la consegna che una parte fa all'altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d'inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) - ben può essere assolta anche dalla dazione differita (ossia, nel caso di specie, in epoca successiva alla stipulazione del contratto preliminare), così posticipandosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma a condizione che il momento di tale consegna (nella fattispecie, il termine fissato per la dazione) sia anteriore a quello di scadenza delle obbligazioni pattuite con il preliminare - ossia, nella fattispecie, alla scadenza del termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo. In tema di caparra confirmatoria, le parti, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, possono differirne la dazione, in tutto od in parte, ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni che ne sono derivate. Prima di tale momento non si producono gli effetti che l'art. 1385, comma 2, c.c. ricollega alla consegna, in conformità alla natura reale del patto rafforzativo del vincolo. Pertanto, se è vero che l'ipotesi prevista come ordinaria dalla norma è quella della dazione della caparra a mani del destinatario al momento della conclusione del contratto, ciò non esclude la possibilità di effettuarne la traditio secondo modalità e tempi diversi, purché compatibili con il conseguimento degli scopi previsti secondo modalità e tempi diversi, purché compatibili con il conseguimento degli scopi previsti dall'art. 1385 c.c., onde consentire il particolare e migliore regolamento degli interessi voluto delle parti stesse: sicché la può essere concretamente effettuata anche con traditio dazioni ripartite o differite oppure con dazione a mani d'un terzo, mandatario di entrambe le parti, con incarico di procedere alla traditio previo accertamento del verificarsi di determinate condizioni. E ciò senza che tali modalità pattizie dell'acquisizione della somma al patrimonio del destinatario minimamente influiscano, una volta effettuato il versamento da parte del soggetto ad esso tenuto ed uscita quindi la somma dal patrimonio dello stesso, sulla natura giuridica e, quindi, sull'efficacia di essa. Le funzioni di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio, pur accomunate nel medesimo istituto, sono distinte, onde la seconda - che si realizza, in caso d'inadempimento, secondo la previsione dell'art. 1385, comma 2, c.c. - non viene meno, una volta che la somma dovuta sia stata concretamente messa a disposizione del destinatario da parte del soggetto tenuto alla prestazione, uscendo dal patrimonio di quest'ultimo, per il sol fatto che la prima non si realizzi contestualmente, ove, come nella specie, la materiale immissione nella disponibilità della somma stessa da parte del destinatario sia pattiziamente e legittimamente, per quanto sopra evidenziato - regolata con tempi e/o modalità diverse rispetto alla conclusione del contratto cui la pattuizione accede. La caparra confirmatoria, oltre a dimostrare esteriormente la conclusione del contratto e ad integrare una anticipata parziale esecuzione della prestazione convenuta, ha la funzione di rappresentare un anticipato risarcimento del danno in caso di mancato adempimento. Sotto tale aspetto essa si accosta alla clausola penale, stipulata per il caso d'inadempimento, per il fine che essa rivela di indurre l'obbligato ad eseguire la prestazione. Peraltro, l'accostamento tra caparra confirmatoria e clausola penale, stipulata per il caso d'inadempimento, non può andare oltre il rilievo del comune intento che esse rivelano di indurre l'obbligato all'adempimento, in quanto esse hanno un diverso ambito di applicazione. Mentre la prima è applicabile al caso che il contratto non debba essere più adempiuto per l'avvenuto esercizio del diritto di recesso, la seconda è, invece, applicabile al caso che il diritto di recesso non sia stato esercitato. Pertanto, in uno stesso contratto ben può essere stipulata una clausola penale, in aggiunta alla caparra confirmatoria. In tale ipotesi, la clausola penale ha la funzione di limitare preventivamente il risarcimento del danno nel caso in cui la parte che non è inadempiente preferisca, anziché recedere dal contratto, domandarne l'esecuzione o la risoluzione. Qualora sia stabilito che il pagamento del prezzo debba eseguirsi entro un termine determinato, anche se alla sua scadenza non si possa concludere il contratto definitivo (e, quindi, detta scadenza sia antecedente alla data fissata per la stipulazione del definitivo), la parte è obbligata al versamento tempestivo di esso nel domicilio del creditore (artt. 1183,1498 c.c.) e, ove non vi provveda, colui che è tenuto al pagamento (nella fattispecie, il promissario acquirente) è da considerarsi inadempiente. Pertanto, può configurarsi inadempimento coercibile del preliminare, non solo rispetto all'obbligazione finale di conclusione del definitivo, ma anche rispetto alle eventuali obbligazioni interlocutorie che trovano la propria fonte immediatamente nel preliminare e che sono dirette, in tutto o in parte, ad anticipare gli effetti del definitivo.

Atto di conferma e imposta di registro

Cassazione, ordinanza 20 novembre 2020, n. 26443, sez. V

L’atto di "conferma" riguarda "gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici" ed è finalizzata a sanare (art. 1423 c.c.) la nullità derivante dall'omessa indicazione degli estremi del titolo abilitativo all'edificazione ( , licenza edilizia, concessione edilizia ratione temporis o permesso di costruire) mediante la dichiarazione della menzione mancante nell'atto originario.

Laddove la "conferma", allo stesso tempo, contenga il riconoscimento che gli atti originari avevano avuto ad oggetto, per effetto dell’accessione, "anche" un quid pluris, ossia un fabbricato per il quale era necessario riportare la dichiarazione, nelle forme del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 38 e 47, che la costruzione era iniziata prima dell'1 settembre 1967, si pone il problema della rilevanza fiscale dell’atto.

Il pacifico decorso del termine quinquennale (dalla stipulazione degli atti confermati) di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 76, comma 1, preclude l’assoggettabilità ad imposta di registro in misura proporzionale, anche per enunciazione, dell'acquisto del fabbricato, che era insito (e implicito) nell'acquisto del terreno ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 24, comma 1. 

Agevolazione prima casa - alienazione nel quinquennio - riacquisto

 

 Nell’ipotesi in cui venga alienato nel quinquennio l’immobile acquistato usufruendo dell’agevolazione prima casa e si riacquisti una nuova abitazione entro l’anno, ai fini della conservazione della agevolazione in parola, è necessario che la destinazione ad abitazione principale del (secondo) appartamento acquistato (entro l'anno dalla alienazione del primo) sia formalmente comprovata dalle risultanze anagrafiche, essendo ininfluenti le situazioni di mero fatto difformi dagli atti dello stato civile (Sez. 6- 5, ordinanza n. 3713 del 13/02/2017, Rv. 643208 - 01 e Sez. 5, sen-tenza n. 2266 del 03/02/2014).  E la essenzialità del requisito della effettiva destinazione ad abitazione principale del secondo immobile comporta il corollario della decadenza della agevolazione nei casi in cui il nuovo acquisto concerna la nuda proprietà (Sez. 5, sentenza n. 1714 8 del 28/06/2018, Rv. 649399 - 01) ovvero una quota in comunione pro indiviso « particolarmente esigua » tale non assicurare all' acquirente il godimento dell'immobile come abitazione propria (Sez. 5, sentenza n. 13291 del 17/06/2011, Rv. 618463 - 01).  (Cfr. Cass. Civ. Ord. Sez. 5, n. 29392/2019, pubblicata il 13/11/2019)  

La fattispecie della decadenza dal beneficio prevista dal quarto comma nota II bis della Tariffa allegata al testo unico delle disposizioni relative all'imposta di registro, approvato con DPR 26 aprile 1986 n.131, nel caso di trasferimento dell'immobile prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell'acquisto introduce un'eccezione a tale regola nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione, proceda all'acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

In ordine alla decadenza dal beneficio, che qui rileva perché il contribuente è venuto meno all'obbligo di destinazione dell'immobile, e' stato anche detto che « Al fine di consentire al contribuente di evitare la decadenza dalle suddette agevolazioni sono, dunque, previste, con riferimento all'acquisto del secondo immobile, condizioni diverse rispetto a quelle stabilite, per la concessione delle agevolazioni medesime per l'acquisto del primo immobile. In particolare, mentre il riconoscimento del beneficio è subordinato - oltre al fatto di non essere titolare di diritti di proprietà (o di diritti a tal fine assimilati) su altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare e di non essere titolare di diritti di proprietà (o diritti, assimilati) su altra abitazione acquistata con agevolazioni fiscali cd. «prima casa» - al trasferimento della residenza del contribuente nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato, il mantenimento dello stesso in caso di alienazione dell'immobile acquistato è subordinato alla più restrittiva condizione dell'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Siffatta differenza di disciplina - ritenuta non irragionevole dalla Corte costituzionale (cfr. ord. del 13 febbraio 2009, n. 46) -trova giustificazione nell'intenzione del legislatore di favorire l'acquisto della casa di proprietà, tutelato anche a livello costituzionale (vedi, art. 47, secondo comma, della Cost.), anche a coloro i quali siano costretti a ripetuti trasferimenti di residenza, per le contingenti necessità della vita e, al contempo, di evitare che l'agevolazione possa assecondare intenti speculativi agevolati in virtù della semplice integrazione dei requisiti necessari a godere della agevolazione in riferimento al primo acquisto (cfr. Cass. 28 giugno 2016, n. 13343; Cass., ord., 30 aprile 2015, n. 8847).

Diritto del mediatore alla provvigione.

Cassazione, sentenza 19 novembre 2019, n. 30083, sez. II civile
CONTRATTI – VENDITA - Immobiliare - Mediazione - Diritto del mediatore alla provvigione -

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va invece escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell'affare, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. "preliminare di preliminare", costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento che, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace e non nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo, non legittima tuttavia la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l'oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell’accordo interlocutorio

Srl e Cooperative - Adeguamento degli statuti entro il 16 dicembre 2019 - Nomina dell'organo di controllo.

E’ ormai prossima la scadenza del 16 dicembre 2019, termine entro il quale le società a responsabilità limitata e le società cooperative dovranno provvedere, laddove ne ricorrano i requisiti, sia alla nomina dell'organo di controllo sia all'eventuale adeguamento dello statuto.

Infatti Il D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), nonchè la L. n. 55/2019, di conversione del D.L. n. 32/2019, novellando l’articolo 2477 c.c., hanno esteso, anche alle società a responsabilità limitata e alle società cooperative, l'obbligo, già sussistente per le SPA e le SAPA, di nominare un organo di controllo o un revisore.

Ai sensi del nuovo art. 2477 c.c. infatti  la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società a responsabilità limitata o la società cooperativa:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:

  1. totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro;
  2. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro;
  3. dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unità.

In ogni caso l’obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei predetti limiti.

Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il Tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del Conservatore del registro delle imprese.

Per espressa previsione dell'articolo 379 del D.Lgs. 14/2019, in sede di prima applicazione delle nuove regole, si deve aver riguardo ai due esercizi antecedenti la scadenza del 16 dicembre 2019, quindi agli esercizi relativi agli anni 2017 e 2018.

Per quanto riguarda l'adeguamento dello statuto, laddove l’atto costitutivo non contenga previsioni relative all'organo di controllo e/o al revisore legale, non occorrerà procedere ad alcuna modifica poiché si applicheranno le norme di legge, a meno che non si voglia introdurre pattiziamente una specifica regolamentazione. Se invece  l'atto costitutivo contiene già previsioni relative all'organo di controllo e/o al revisore legale, occorrerà verificare se le eventuali condizioni ivi previste per la sua istituzione e soppressione, siano conformi a quanto previsto dai nuovi commi 2 e 3 dell'art. 2477 c.c., e in caso contrario occorrerà procedere all’adeguamento.

 

Contratto di compravendita - Consegna differita dell'immobile

La risposta a interpello n. 458/2019 dell'Agenzia delle Entrate

OGGETTO: Contratto di compravendita - Consegna differita dell'immobile - tassazione.

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

QUESITO

Il Notaio istante rappresenta che i signori X e Y con contratto preliminare si sono obbligati al trasferimento di un immobile, costituito da un appartamento ad uso abitazione.

Le parti hanno altresì convenuto che la consegna dell'immobile dovrà essere fatta entro e non oltre 15 (quindici) giorni di calendario successivi alla stipulazione del rogito di vendita.

Al riguardo chiede se la pattuizione della consegna differita dell'immobile configuri un diverso e ulteriore contratto rispetto alla vendita. In particolare se si tratti di un contratto di comodato per il quale è dovuta l'imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'articolo 5 Tariffa, Parte prima allegata al DPR n. 131 del 1986.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

Il notaio ritiene che la consegna differita pattuita in una vendita non costituisca un comodato ma una semplice disciplina della consegna della cosa venduta: non un contratto ma una obbligazione disciplinata nel tipo vendita. Non è dovuta l'imposta fissa di registro.

Infatti l'art. 1476 del codice civile tra le obbligazioni principali del venditore al n. 1) indica quella "di ".

Il successivo art. 1477 del codice civile consegnare la cosa al compratore stabilisce che "la cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita."

La consegna è un obbligo a carico del venditore e il legislatore conosce bene la consegna differita, imponendo in questo caso che la cosa sia consegnata nello stato in cui si "trovava" al momento della vendita

Pertanto sostiene che la consegna contestuale non è un elemento essenziale né caratterizzante lav  vendita. Anzi nella prassi delle vendite immobiliari è d'uso la finzione della consegna delle chiavi, occorrendo la consegna dell'immobile necessariamente e sempre in un momento successivo.

Ritiene inoltre che:

1. nel caso di consegna differita al proprietario-compratore non è consentito chiedere la consegna del bene prima della scadenza del termine pattuito tra le parti;

2. nel diverso caso del comodato al proprietario è consentito chiedere la restituzione immediata della cosa nonostante la pattuizione di un termine (art. 1809 secondo comma del codice civile).

Nell'architettura del codice civile la consegna della cosa nella vendita ha una disciplina, nel comodato un'altra. La consegna nella vendita non richiama alcuna norma del comodato. Non a caso nella vendita si parla di ; nel comodato di . Nel comodato consegna restituzione il proprietario consegna il bene, mentre nella vendita con consegna differita il proprietario acquirente non può consegnare ciò che non ha ricevuto.

Fa presente che la giurisprudenza che si è occupata del tema della tassazione della consegna della cosa ha stabilito che nel contratto preliminare la consegna anticipata della cosa è da considerare comodato (Cassazione, ordinanza 5.2.2019 n. 3305 sez. II Civile); nella contratto di vendita la clausola di differimento del termine di consegna non costituisce un atto isolato bisognoso di un titolo formale che renda giustificata la disponibilità della res, ne deriva che l'attività riqualificatoria attuata dall'Amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipo nel quale l'atto risulta inquadrabile, pena l'artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta e comportante differenti effetti giuridici. Alla stregua delle suddette argomentazioni, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento dell'atto impugnato. (Comm. Trib. Torino Sez. 5, 11.1.2018 n. 167).

Sostiene inoltre, che nel contratto preliminare la consegna anticipata non avviene in adempimento di un obbligo di legge (il promittente venditore non è obbligato a consegnare la cosa); mentre nel contratto di vendita la consegna, contestuale o differita, è sempre l'adempimento di un obbligo di legge (il venditore è obbligato a consegnare la cosa).

Quindi la consegna differita non deve scontare l'imposta fissa di registro. La consegna posticipata non è l'effetto di un altro negozio, ma costituisce semplicemente una mera modalità concordata di adempimento di un'obbligazione derivata di natura non negoziale che permette all'accipiens di assumere il controllo materiale del bene (Comm. Trib. Torino Sez. 5, 11.1.2018 n. 167).

Da ultimo, fa presente che considerare comodato la consegna differita nella vendita porterebbe a conseguenze fiscali paradossali come nel caso della vendita di un appartamento tra genitori e figli, che non costituisca abitazione principale per l'acquirente. Se la consegna differita fosse considerata comodato - si verificherebbe una riduzione dell'IMU sull'immobile (art. 13, comma 3, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214), ricorrendo le condizioni stabilite dalla risoluzione n.1 del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 17 febbraio 2016 e questo qualunque sia la durata del comodato.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

L'articolo 1376 del codice civile, stabilisce che "nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale, ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso legittimamente prestato".

Nell'attuale sistema civilistico vige, infatti, il principio consensualistico in forza del quale normalmente il contratto produce i suoi effetti reali o traslativi quando i contraenti si scambiano tra loro il consenso libero e non viziato in ordine ad un programma negoziale condiviso e non nel momento in cui viene consegnato materialmente il bene dedotto in contratto da una parte all'altra.

Il contratto di compravendita disciplinato dall'art. 1470 del codice civile costituisce il tipico contratto soggetto al principio consensualistico, quanto alla modalità di conclusione; gli effetti traslativi si producono in virtù del solo consenso legittimamente prestato dalle parti, senza necessità che il venditore consegni materialmente il bene al compratore. Ciò trova conferma nel disposto dell'articolo 1476 c.c. che tra le le obbligazioni principali del venditore, prevede quella di consegnare la cosa al compratore (art. 1477 c.c.); tale obbligo si configura come meramente esecutivo di un programma negoziale già realizzato in forza del solo scambio della volontà delle parti.

Infatti, la consegna della " " dal venditore al compratore, non è necessaria resa ai fini del perfezionamento del contratto di compravendita e quindi del trasferimento del diritto di proprietà ma solo ai fini del trasferimento del possesso materiale del bene.

Con particolare riferimento ai tempi di consegna del bene compravenduto i giudici di legittimità hanno evidenziato che "il possesso materiale del bene che si realizza con la consegna, quanto al tempo della sua attuazione, ben può essere regolato dall'accordo dell'autonomia delle parti" (Cfr. Cass 11 gennaio 2008, n. 569).

In particolare la Suprema Corte ha precisato che "l'obbligo del venditore di trasferire il possesso materiale può essere derogato allorché il venditore d'accordo con l'acquirente mantiene la relazione immediata con la cosa venduta, possedendola non con animo domini, bensì ad altro titolo. Tale risultato è raggiungibile sia attraverso la costituzione di usufrutto per riserva del venditore sia attraverso qualsiasi negozio (tipico o atipico, oneroso o gratuito) che sia idoneo ad attribuire al venditore un diritto di ritenzione della cosa a scopo di godimento, di uso o di garanzia e che, dando luogo ad un rapporto di natura personale richiede la stessa forma solo se si concreti in uno degli atti compresi nell'articolo 1350 del codice civile, con le correlative conseguenze in ordine alla prova" (Cfr. Cass, 16 marzo 1984, n.1808).

In linea generale, dunque, occorre analizzare le pattuizioni contrattuali per poter qualificare il titolo giuridico in base al quale il venditore continua a mantenere il possesso materiale dell'immobile compravenduto.

Si è del parere, che nella fattispecie in esame, concordemente a quanto affermato dal notaio istante, la consegna differita così come pattuita nel preliminare di vendita, non costituisce un contratto di comodato di cui all'articolo 1803 del codice civile. La norma contenuta in tale articolo prevede che "il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una casa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta".

Dall'analisi del contratto preliminare suindicato, condotta ai sensi dell'articolo 1362 del codice civile non si desumono, infatti, gli elementi né fattuali né normativi per poter ritenere che le parti abbiano voluto concludere un contratto di comodato.

In effetti manca qualsiasi riferimento alla determinazione della durata del contratto stesso e all'obbligo di restituzione dell'immobile da parte del comodatario quali elementi caratterizzanti il contratto di comodato.

Pertanto, nel presupposto che l'atto di compravendita da porre in essere contenga le medesime condizioni contrattuali contenute nel preliminare di vendita, si ritiene che la consegna differita dell'immobile è, nel caso in esame, una modalità concordata di adempimento dell'obbligazione del venditore, funzionale alla realizzazione dello schema negoziale dedotto in contratto e non è inquadrabile nello schema negoziale del contratto di comodato.

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA - INAPPLICABILITA’ AGLI ACQUISTI DI UNITA’ COLLABENTI

Interpello – Risposta n. 357 del 30 agosto 2019

OGGETTO: Applicabilità anche ad immobili classificati come 'collabenti' delle agevolazioni fiscali previste per la 'prima casa' – Articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 – Interpello articolo 11, comma a), legge 27 luglio 2000, n. 212

SECONDO L’AE

Nella fattispecie in esame l'istante chiede chiarimenti in ordine alla possibilità di fruire dell'agevolazione "prima casa" nell'ipotesi di acquisto di un immobile collabente di categoria catastale "F/2" da ristrutturare al fine di destinarlo ad abitazione principale.

Occorre evidenziare che l'attribuzione della categoria F/2 - Unità Collabenti è riferita ai fabbricati totalmente o parzialmente inagibili, caratterizzati da un notevole livello di degrado che ne determina l’incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio.

Lo stato di fatto di tali costruzioni non consente l'iscrizione in altre categorie catastali. Si tratta di una classificazione comunque durevole del bene immobile, mentre le classificazioni F/3 e F/4, relative ai fabbricati in corso di costruzione e in corso di definizione, sono necessariamente provvisorie, per un periodo che va dai 6 ai 12 mesi, come prevede la circolare 4/T del 2009 dell’Agenzia del Territorio (a tal fine nella circolare n. 27 del 2016 è stato sottolineato che il Comune ha facoltà di produrre sempre segnalazioni al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate). (…)

Configurandosi nella fattispecie rappresentata un'ipotesi di inidoneità assoluta ed oggettiva all'utilizzo dell'immobile abitativo che si intende acquistare, si ritiene che l'istante non sia legittimato a fruire delle agevolazioni 'prima casa', poiché l’immobile in questione non può essere equiparato ad un immobile in corso di costruzione.

 

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA – PERTINENZA DI ABITAZIONE AGEVOLATA DI CATEGORIA A/1 – APPLICABILITA’

Interpello – Risposta n. 362 del 30 agosto 2019

OGGETTO: Applicazione della tassazione agevolata ‘prima casa’ alla pertinenza della unità immobiliare A1, per la quale si è fruito del regime di favore – Punto terzo della nota II bis dell'art. 1 Tariffa, Parte 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212

Nella specie per la compravendita di un appartamento di categoria catastale A/1 i contribuenti avevano goduto dei benefici di cui all'art.1, nota II bis), Tariffa Parte Prima, T.U.R., in quanto, alla data di stipula dell'atto, la classificazione dell’immobile in categoria A1 non era preclusiva della fruizione delle stesse.

L’AE ritiene applicabili le agevolazioni all’acquisto della pertinenza considerato che “La normativa di riferimento e la prassi correlata richiedono, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni “prima casa” alle pertinenze, che queste ultime accedano ad un’abitazione acquisita fruendo dei medesimi benefici. In tal senso, il regime impositivo relativo all’acquisto dell’abitazione principale è dirimente per stabilire il regime impositivo della relativa pertinenza, seppur acquistata successivamente. Come più volte affermato nella prassi, l’obiettivo perseguito dal legislatore attraverso la previsione del regime di favore, può dunque essere individuato nella volontà di agevolare l’acquisto dell'abitazione non di lusso e delle sue pertinenze, in ossequio ai principi sanciti dall’art. 47, comma II, della Costituzione secondo cui la Repubblica favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione. Alla luce della prassi consolidata è condivisibile la soluzione prospettata dall’istante, secondo cui nella fattispecie in esame è possibile fruire dell’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota agevolata del 2 per cento, ai sensi dell’articolo 1, della Tariffa, Parte I del citato TUR, per l’acquisto del locale ad uso magazzino identificato nella categoria catastale C/2.”

1.6. ALIENAZIONE DELL’IMMOBILE SUL QUALE SONO STATI REALIZZATI INTERVENTI CHE DANNO DIRITTO ALLA DETRAZIONE

Art. 16-bis ,co. 8°, T.u.i.r.

“In caso di vendita dell'unita' immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di cui al comma 1 la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all'acquirente persona fisica dell'unita' immobiliare. In caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene.”

Nonostante la norma citata faccia espresso riferimento alla “vendita” si ritiene, anche sulla base della prassi dell’Agenzia delle Entrate formatasi sotto il vigore della l. n. 449/1997 e successive modificazioni, che il termine sia riferibile a qualsiasi tipo di trasferimento, ivi compresi quelli a titolo gratuito.

Qualora nell’atto di trasferimento sia stata omessa la riserva della detrazione in capo alla parte alienante, l’AE ammette il ricorso a un atto integrativo contenente tale clausola.

“(…) in mancanza di tale specifico accordo nell’atto di trasferimento dell’immobile, la conservazione in capo al venditore delle detrazioni non utilizzate possa essere ottenuta solo mediante la stipula di un atto integrativo del precedente atto di trasferimento, redatto con le stesse forme del medesimo (atto pubblico o scrittura privata autenticata a seconda della forma utilizzata). Nell’atto integrativo le parti del contratto originario dovranno espressamente dare atto dell’accordo fra le parti stesse, esistente sin dalla data del rogito anche se non formalmente recepito, di mantenere in capo al venditore le residue rate di detrazione, ferme restando le restanti pattuizioni, comprese quelle riguardanti il prezzo di acquisto.

Ciò implica, naturalmente, che l’acquirente non dovrà avvalersi della detrazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è avvenuto l’acquisto, essendo la fruizione della detrazione incompatibile con la volontà, da manifestare nell’integrazione dell’atto di acquisto, diretta a mantenere la detrazione residua in capo al venditore”. (Cfr. Nota AGE – Direzione Centrale Normativa n. 0122870. 22-10-2013).

In sede di registrazione l’atto sconta l’imposta di registro nella misura fissa di Euro 200 e l’imposta di bollo nella misura di Euro 45.

Secondo l’AE, inoltre:

= il trasferimento di una quota dell’immobile non determina un analogo trasferimento del diritto alla detrazione, che avviene solo in presenza della cessione dell’intero immobile. Se, tuttavia, per effetto della cessione della quota chi acquista diventa proprietario esclusivo dell’immobile, la residua detrazione si trasmette all’acquirente;

= in caso di costituzione del diritto di usufrutto, sia a titolo oneroso sia a titolo gratuito, le quote di detrazione non fruite non si trasferiscono all’usufruttuario, ma rimangono al nudo proprietario;

= in caso di decesso dell’avente diritto, la detrazione non fruita in tutto o in parte è trasferita, per i rimanenti periodi d’imposta, esclusivamente all’erede o agli eredi che conservano la “detenzione materiale e diretta dell’immobile”; la condizione della detenzione del bene deve sussistere non soltanto per l’anno di accettazione dell’eredità ma anche per ciascun anno per il quale si vuole fruire delle residue rate di detrazione.

Imposta di registro – Prezzo valore - Occultazione di corrispettivo - L'applicazione della tassazione al contratto di vendita in base al cd prezzo valore non vieta all'ufficio di procedere a rettifica laddove sussistono elementi gravi precisi e concordanti che facciano realisticamente supporre che una parte del corrispettivo sia stata occultata

LA VICENDA

Nella specie il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita, per quanto superiore al valore della rendita catastale rivalutata, risultava tuttavia di gran lunga inferiore all’importo del mutuo contratto per l’acquisto, circostanza che secondo i giudici di merito rendeva legittimo l’accertamento da parte dell’ufficio per occultazione di corrispettivo, nonostante l’acquirente avesse fatto richiesta al notaio rogante di volersi avvalere del meccanismo del prezzo-valore.

(Cfr. Cass. Civ. Ord. Sez. 6 n. 19772/2019 pubblicata il 23/07/2019)

 

 

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